Comunicazione
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[…] La natura di un oggetto può avere una connotazione estetica fondamentale che è immanente o trascendente, in gradi diversi. È immanente quando la sua identità si basa su segni e valori che sono intrinsecamente connessi alla natura dell’oggetto. È trascendente quando la sua identità è proiettata sulla scala delle nozioni soggettive di chi l’ha creata o di chi la utilizzerà. Il design industriale invece è sempre stato caratterizzato da soluzioni formali e funzionali di natura intrinsecamente immanente [modello], mentre [la trascendenza] tende a rappresentare e rispondere allo [stile di vita] dei creatori o fruitori del prodotto stesso. […]
da: Clino T. Castelli, Sustainable Aestethics for the Hitachi Eco-Identity Valuative Report
La natura olistica di ciò che costituisce un marchio può essere vista come un ecosistema biologico. Una rete multicanale di connessioni e interazioni. Una presenza simultanea su varie piattaforme, per creare un’esperienza coerente attraverso touchpoint, applicativi e dispositivi, con narrazioni e messaggi interconnessi che si spostano da uno strumento all’altro.
Raccontiamo storie da secoli. Troviamo più facile ricordare le informazioni che sono strutturate per mezzo di una connessione causale. Le aziende ci raccontano la loro “brand story”. A differenza dei libri con trame lineari, le storie di marca si evolvono nel tempo e sono (visivamente) espresse attraverso molti canali. Ovunque le persone incontrino un pezzo della narrazione, dovrebbero essere in grado di entrare nel flusso della storia e sperimentare il marchio attraverso di essa.
Come designer abbiamo il compito non scontato di gestire le situazioni sconosciute, che si tratti di un prodotto, di un servizio/sistema o di un’esperienza. Anche se la parola “innovazione” ha radici profonde che risalgono a diverse migliaia di anni fa, noi esseri umani stiamo innovando in modo incrementale per risolvere i problemi della nostra vita quotidiana, le questioni sociali, le sfide ambientali e politiche, il tutto con l’obiettivo unificato di “creare un mondo migliore”. Le aree di interesse principali sono l’urgenza e l’impatto, la sostenibilità e l’esperienza dell’utente.
La rivoluzione industriale ha dato il via a un’accelerazione esponenziale degli sviluppi tecnologici, delle trasformazioni sociali, dei fattori geopolitici e delle economie globali.
Oggi riconosciamo che questa accelerazione esponenziale pone il mondo di fronte a sfide senza precedenti che richiedono una riformulazione della nostra idea di progresso, di sostenibilità della nostra vita, delle nostre economie e del nostro ecosistema.
Tutti noi nel mondo dobbiamo agire a tutti i livelli per invertire molti degli sviluppi del progresso, riformulare l’idea di un futuro desiderabile e rispondere all’urgenza del cambiamento climatico e della scarsità di risorse.
Dobbiamo migliorare i processi di innovazione e adottare strategie più preventive per un futuro sostenibile più sicuro e responsabile.
“Siamo una piattaforma fisica di collaborazione che si arricchisce ogni giorno di progetti, competenze e relazioni tra le persone.” (Franco Guidi)
Qual è la cosa più preziosa di Lombardini22? Sicuramente le relazioni umane che sono fondamentali per la nostra comunità e la connessione reciproca che c’è tra le persone. La comunità è grande e c’è un bellissimo sistema in cui ogni singola persona genera nuove connessioni che aumentano il livello di complessità del nostro lavoro. Questo richiede un modello di gestione sofisticato o forse più modelli, perché non c’è solo la necessità di seguire un unico stile manageriale, ma anzi ci deve essere la possibilità di creare una varietà di stili che valorizzino le differenze e facilitino il dialogo tra “mondi diversi”. Questa è l’organizzazione che ci proponiamo di costruire in Lombardini22: un modello per il quale non esiste un libretto di istruzioni ma una caratteristica su cui costruire percorsi condivisi.
Nel mondo globale, tecnologico e digitale in cui viviamo, il modo in cui le aziende guidano l’innovazione deve cambiare, per rimanere competitive e avere successo. Questo ha un impatto sull’intera cultura dell’organizzazione, sul ruolo del design e su quello delle altre funzioni aziendali, sui modi di lavorare e di pensare. Abbiamo bisogno di un approccio human-centric in tutto ciò che facciamo: dal rifocalizzare tutti i nostri sforzi per soddisfare le esigenze e i desideri delle persone (non i consumatori, non i clienti, “le persone”!), fino all’identificazione e alla crescita dei migliori talenti per guidare questi sforzi. Dalle persone alle persone. Persone innamorate delle persone. I designer lo chiamano “design 2.0”. Il mondo degli affari la chiama “innovazione human-centric”.